18 settembre 2013
Concordia, la risalita è iniziata a Piacenza
18 settembre 2013
Concordia, la risalita è iniziata a Piacenza | Source: Di User:paolodefalco75 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=29220906
Dubbi che la Costa Concordia risalisse sotto il titanico “oh issa! “ guidato da uno staff internazionale? «In fondo no, da come è nato il progetto, dai calcoli fatti da Micoperi non avevo dubbi, solo c’era il rischio che lo scafo sott’acqua fosse in peggiori condizioni ».

Chi parla è Ettore Dordoni, presidente di Cima S.p.A., l’impresa piacentina capace di prodursi sulla grande carpenteria. Cima S.p.A., fornendo gli elementi per l’impalcatura, ha messo il primo mattone di questa straordinaria operazione di recupero del relitto dalla carena squarciata, accasciato sullo scoglio dell’Isola del Giglio da quel maledetto 13 gennaio 2012.
Un raddrizzamento che ha tenuto l’Italia e il mondo col fiato sospeso in diretta televisiva. «C’è orgoglio da parte nostra - confessa Dordoni - senza mai dimenticare che si è lavorato su una tragedia umana. Ma che emozione seguire su Internet la risalita della nave!

E’ la prima volta nella storia che si affronta il recupero di un relitto di questa portata con il rischio costante che affondasse di più». La Cima S.p.A. di via Marcheselli, in area Le Mose, ha realizzato 36 enormi tubolari elettrosaldati - lunghi 12 metri ciascuno, dal diametro di 1,6 metri, dallo spessore di 7,5 centimetri, dal peso di 30 tonnellate - serviti a realizzare il traliccio calato in mare, fulcro delle strutture su cui appoggiare dritta in asse la Concordia. Anche le fondazioni sono state realizzate con pompe particolari della Cima S.p.A., ad alta pressione.

La sicurezza di queste “canne”, a servizio di un’impresa mai tentata prima, viste le dimensioni della Concordia, hanno reso necessarie le certificazioni più stringenti che il mercato richiede e che Cima S.p.A. può garantire insieme a pochissime altre imprese italiane. «E’ stato un progetto innovativo, ora resta da capire dove verrà smantellata la nave» argomenta Dordoni, visto che la candidatura del porto di Piombino sembra vacillare per i fondali insufficienti e si parla dei porti di Civitavecchia o di altri più a sud. Quando questo potrà accadere, nei prossimi mesi, la nave verrà smaltita come ferro vecchio e lo stesso destino spetta agli impalcati nati a Piacenza, realizzati su misura e non più utilizzabili. Al di là di tante considerazioni, questa operazione segnala anche la possibilità di un buon lavoro in team, fa notare Dordoni.

La struttura mastodontica della carpenteria Cima S.p.A. ha fornito i pezzi costruttivi - impiegando una trentina di addetti, in un lavoro molto accurato durato tre mesi - assemblati poi nelle officine galleggianti di Ravenna e Livorno, quindi cementati, dopo adeguate trivellazioni, ai fondali dell’isola del Giglio. La cordata dell’impresa è guidata dall’americana Titan Salvage insieme a Micoperidi Ravenna.
In un’Italia che fa progetti e li realizza vent’anni dopo, il caso-Concordia è un piccolo miracolo, anche di rispetto del lavoro («Sarebbe bello che tutti fossero come questo consorzio, ha pagato regolarmente la prestazione a 90 giorni»). Davvero raro in un Paese dove lo Stato è sempre più il socio “occulto” che non paga e dove a incassare i crediti si rischia il naufragio. Tra i lavori di rilievo internazionale di Cima S.p.A. c’è il “sarcofago” protettivo del nucleo della centrale di Chernobyl e il progetto Transcity per collegare con un tunnel il sud-ovest e il nord di Brisbane in Australia.

Articolo pubblicato su Libertà il 18/09/2013